03 Mag A Populonia, sull’acropoli dell’antica città etrusca
Le Invasioni Digitali tornano nel parco archeologico di Baratti e Populonia, oltre 80 ettari di patrimonio culturale e naturalistico che dalle necropoli sul golfo di Baratti abbracciano i resti dell’antica città fino a Populonia Alta.
Qui, sull’altura di fronte al Castello, si trova l’acropoli di Populonia, sede degli edifici pubblici e sacri e delle case più lussuose della città, protetta da una possente cinta muraria, costruita tra il 300 e il 250 a.C.
(L’acropoli di Populonia nel parco archeologico)
Quando Populonia passò sotto il dominio di Roma, l’acropoli fu trasformata da un grande progetto di ristrutturazione che ne ridisegnò completamente l’urbanistica.
L’invasione digitale con gli Igers Livorno sarà l’occasione per salire sulla terrazza delle Logge, un grande edificio del II secolo a.C. che per lungo tempo è stato l’unico monumento testimone della magnificenza della città alta.
Le sue arcate cieche colpirono l’immaginazione dei viaggiatori dell’Ottocento, giunti in cerca dei resti dell’antica città etrusca.
Anfiteatro, villa marittima, terme… le ipotesi sulla vera natura di questo edificio sono state molteplici, fino a che, nei primi anni Duemila, gli archeologi non hanno cominciato a scavare e a studiarne l’architettura, le murature e gli ambienti superstiti.
(Foto 2 – La grande strada basolata e l’edificio delle Logge)
Sulla terrazza sono così tornati in luce i resti di un ninfeo, una fontana monumentale in cui erano riprodotte artificialmente le grotte sacre alle Ninfe. In origine, le pareti del ninfeo erano ornate con murici sezionati e con concrezioni calcaree, mentre un mosaico marino, popolato di guizzanti pesci e insoliti molluschi, decorava il pavimento su cui doveva scorrere l’acqua, con un effetto illusionistico di grande suggestione.
(L’area del ninfeo sulle Logge)
Molti indizi suggeriscono che sulle Logge vi fosse il culto di Venere Euploia, protettrice della buona navigazione. Il principale è la scena di naufragio rappresentata sul mosaico marino: una barca con tre uomini a bordo sta per essere travolta da una grande onda. I marinai alzano le braccia al cielo invocando un intervento divino.
Non è immediato vedere la scena nella sua interezza, poiché è capovolta rispetto al punto di vista dell’osservatore. E non è facile capire a chi i marinai stiano invocando le proprie disperate preghiere. Intorno a loro, dei placidi pesci e un mollusco.
Il mosaico nasconde un enigma? A un occhio attento, non sfuggirà che il mollusco vicino ai naviganti è diverso dagli altri rappresentati sul mosaico: ruotando la raffigurazione, esso assume le sembianze di una colomba.
(La scena di naufragio del mosaico marino di Populonia)
In antico, il volatile era sacro a Venere e la conchiglia ricorreva nell’iconografia della dea, come allusione al sesso femminile. Il mollusco- colomba potrebbe dunque essere la rappresentazione della dea, giunta in soccorso ai marinai.
L’ipotesi che il mosaico sia un ex voto donato alla dea per uno scampato naufragio non è solo affascinante, diventa convincente.
Accanto al ninfeo, vi era un balneum, un edificio termale pubblico, costruito intorno al 100 a.C., ancora in corso di scavo. Ne vediamo il caldarium, la stanza per il bagno caldo, con piccole nicchie portaoggetti sulle pareti, che ancora conservano l’intonaco. Il calore arrivava da un forno posto nell’ambiente adiacente, un vano di servizio pavimentato in opus spicatum.
(Il balneum sopra le Logge)
Anche questo edificio termale sussurra il nome di Venere e di nuovo su uno dei suoi mosaici. Accanto a delfini e onde correnti, in un gioco dalla geometria policroma, sono raffigurati i busti di due africani. Una veste azzurra chiusa sulla spalla da una spilla d’oro dice che non sono due semplici schiavi… forse dei sacerdoti?
Sappiamo che nei santuari marittimi dedicati a Venere erano in servizio uomini di colore, la cui fisicità prorompente ben richiamava il mondo carico di erotismo e di sensualità della dea.
Ipotesi intriganti per un luogo in cui c’è ancora molto da scoprire, ma altrettanto da vedere e da vivere.